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L'egocentrismo di mia sorella

"Mia sorella maggiore (sposata con figlio) ha un comportamento estremamente egocentrico che rende impossibile il dialogo. Per questo soprattutto ha rotto da un anno con la sorella più piccola (o meglio: la sorella più piccola dopo tentativi di ingerenza nelle sue scelte alquanto violenti non vuole più rapporti con lei). E' capace di tenermi al telefono per 2-3 ore esponendo il frutto di suoi lunghi rimuginamenti, in cui ha sempre ragione lei, mistificando notevolemente la realtà e "montandosi" sempre di più. Non lascia parlare nessuno, se si parla non ascolta, rifiuta categoricamente di mettersi in discussione e dà in escandescenze se si cerca di indurvela. Io non so più come fare.

Proprio pochi giorni fa me ne ha dette di tutti i colori perché, secondo lei, ho riferito all'altra sorella cose che lei ha fatto con malignità, allo scopo di metterla in cattiva luce, mentre è da un anno che faccio del mio meglio per mediare fra loro due. Siccome le ho fatto notare che non sopportiamo più che con lei finisca sempre a urli, ha detto che non è lei che sbaglia ma sono io che sono "melensa" e "subdola" perché non urlo. Del marito non mi fido molto: sospetto che in varie occasioni di disaccordo abbia "soffiato sul fuoco" (impressione che recentemente mi ha confermato la migliore amica di mia sorella), anche lui è prepotente e quando vuole aver ragione urla, nella loro famiglia vince chi urla più forte. Più di una volta mia sorella ha giustificato un cedimento ai voleri del figlio (per esempio quando si rifiutava di studiare) adducendo che aveva "dato fuori di matto", come se si trattasse di una motivazione del tutto pacifica e soddisfacente. Io mi rendo conto che i rapporti fra noi sono stati spesso difficili, e in passato ammetto di aver provato una certa soddisfazione che si mostrasse anche agli altri prepotente come io la conoscevo da sempre . Però da un pezzo su questo sentimento prevale in me il desiderio di avere un rapporto più adulto, di salvare il legame familiare che ci resta [...]. La nostra nonna materna, che ha vissuto con noi quando eravamo bambine, aveva comportamenti molto simili e per anni ha reso difficile la vita di nostra madre con frequenti scenate"


Risponde la Dott.ssa Chiara Giustini:

Cara [...], quello che emerge dal suo racconto è il suo desiderio di preservare un legame fraterno dopo la morte dei genitori. Per portare avanti questo suo intento sembra mettersi nel ruolo di "mediatore familiare" o ponte comunicativo tra la sorella maggiore e quella minore, esponendosi alle "scenate o ai rimuginamenti", a molte sofferenze e al senso di impotenza di chi cerca di "mediare/aggiustare" una situazione familiare contando sulle proprie forze. Cercado di portare la barca avanti ma "remando da sola". Comunque lei ha contatti , anche se faticosi, con entrambi le sue sorelle.
Leggendo la sua domanda mi è venuto in mente l'immagine di un "teatro familiare" dove ognuno è incastrato, bloccato nel proprio ruolo, ovvero lei la Mediatrice, sua sorella maggiore "l'Egocentrica protagonista" e sua sorella minore "la vittima che si è ribellata". Credo che se questa mia ipotesi possa calzare con la realtà, agire sulla "egogentrica protagonista" comporti la fatica di confrontarsi con un "muro di gomma". Questo ci invita a riflettere sul limite umano di non poter "cambiare chi cambiare non vuole" o "aiutare chi non vede le proprie difficoltà". La sfida che ci attende è provare ad accettarlo. A questa protagonista viene dato "molto potere" dal fatto di trovarsi al centro della "scena" e tutti gli altri girino intorno a lei, in un modo o nell'altro. Con la vicinanza di chi media o con la lantananza di chi la rifiuta.... Dove la comunicazione e le relazioni appaiono come una sorta di triangolo...cioè una parla dell'altra quando questa manca.
Una possibilità, tra le tante, per stemperare gli animi e portare un cambiamento positivo nelle relazioni è che gli altri inizino a modificare il proprio ruolo.
Mi spiego meglio." la mediatrice" potrebbe iniziare a rappresentare solo se stessa nelle relazioni e tutte le comunicazioni che la "triangolino" possano essere chiarite invitando chi sta parlando con lei a dire le cose direttamente all'interessato. Oppure *sottrarsi in modo adeguato* dalla *funzione terapeutica* di "_ascolto delle ruminazioni e delle mistificazioni_" o _abbandonare l'idea di "farla mettere in discussione"_. Oppure cercare di *tutelare se stessi* evitando le prepotenze o le ingiurie, stabilendo un limite di rispetto.
Oppure la "vittima che si è ribellata" potrebbe, se motivata a farlo per se stessa, comprendere che si può dire "NO alle ingerenze violente" anche avendo un rapporto con "l' egocentrica protagonista" e delineare il proprio confine personale nel rapporto con la sorella. Oppure che con l'aiuto del tempo, possa comprendere che tenersi nel cuore rancori, rimpianti o dispiaceri per un rapporto affettivo interrotto è, per se stessa, non positivo. Forse è possibile trovare un modo diverso, trovare anche con fatica un nuovo equilibrio tra l'accettare "l'egocentrica protagonista" con i suoi difetti e il continuare a "scegliere con la propria testa".
Spero che la lettura dell'ipotesi familiare che ho intravisto tra le sue righe possa averle aperto nuove possibilità, nuove strade più serene per se stessa e per le sue sorelle.
Cari auguri, Chiara Giustini.

Contatti

Dott. Manuele Matera
Psicologo Psicoterapeuta
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manuele.matera@gmail.com


Dott.ssa Chiara Giustini
Psicologa Psicoterapeuta
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Dipendevo dal mio ex

Sono una ragazza di 26 anni che ha da circa un anno superato un disturbo da attacchi di panico e agorafobia.
Accanto a me, in questi anni è sempre rimasto il mio ragazzo con il quale sono stata sette anni...lui rappresentava per me l'affetto, la sicurezza, la "casa", la serenità.
Quando era in corso la guarigione , circa un anno fa, ho iniziato ad accorgermi che ciò che sentivo per il mio ragazzo era un legame strettamente collegato al mio stato di "dipendenza" dovuto alla malattia.
Mi rendevo conto che forse da tanto lo guardavo con tenerezza, affetto, ma non amore. Per me era un punto di riferimento importante. Quando poi ho iniziato a stare bene in effetti la nostra storia è finita per mia volontà.
Dopo circa un anno ho iniziato una relazione con un ragazzo psicologicamente molto maturo, come se ne trovano pochi. Il punto è che durante questi quattro mesi il passato è comparso dentro di me più volte.
Nella mia testa ci sono continui paragoni sottaciuti tra lui e il mio ex, ripenso spesso al passato non perchè lui manchi in qualcosa...non mi spiego il motivo.
Non da sottovalutare secondo me è il senso di colpa che ho verso il mio ex compagno dato che ha sofferto e sta continuando a soffrire per me e a volte sento l'esigenza di tornare indietro e dargli tutto ciò che non sono riuscita a dare un po' per i miei problemi e un po' perchè poi l'ho "abbandonato". Ora sono di nuovo sola. Non so in quale direzione andare. Sono ferma tra passato e futuro e sembrerà strano non riesco a prendere una decisione. A capire. Mi sento molto giù. Non riesco a reagire.
Vorrei un vostro consiglio. Ve ne sarei grata.

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